INTERVISTE

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il manifesto

24 dicembre 2022

Silvia Veroli intervista Guidalberto Bormolini sul rapporto con la morte, col lavoro, sul progetto del Borgo e l’arte della meditazione.

Per un’etica possibile dell’Happy End

Costruire è attività quasi divina e il verbo biblico usato per lavorare è lo stesso con cui ci si riferisce all’azione di Dio; la condanna delle Genesi non è il fatto che ci tocchi lavorare, ma il farlo malvolentieri, non più gioiosamente. Al di là delle brutalizzazioni che se ne sono state fatte, il lavorare eleva, è una condanna se lo so si fa schiavizzati, per il profitto degli altri, a condizioni inique, senza l’obbiettivo di costruire qualcosa di bello. Starei male senza lavoro manuale, la mia era una famiglia di fabbri, credo sia una fortuna, così la spiritualità non è slegata dalla concretezza, rimane centrale il rapporto con gli altri e non si rischia di farla diventare un egoismo mascherato.
I miei sogni di rivoluzione sociale li ho mantenuti raggiungendoli altrove passando prima per una rivoluzione spirituale: riflettevo con Moni Ovadia, non può esserci una di queste rivoluzioni senza l’altra. Siamo indoeuropei, siamo intessuti di sogni, corpo, psiche, spirito: non ci si può prendere cura di una parte sola senza tradire tutto il resto.” …